La carne può diventare ostacolo della psiche, in senso tanto fisico quanto metaforico. In questa installazione, Chiara Ventura utilizza il cibo per presentare come la carne risulti soffocante, difficile da masticare e da ingoiare (Mi chiamo fuori, 2020), e impedisca di dire, di condividere, di denunciare. Allo stesso modo, somministrata velocemente e a piccoli assaggi (Piatto freddo, 2020-2022), non permette di andare a fondo e di interiorizzare la violenza dietro le informazioni che quotidianamente ci vengono messe “sul piatto”.
Come è proprio della sua pratica, Ventura reagisce in opposizione all’anestesia diffusa del nostro tempo attraverso azioni empatiche, che aprono a nuove forme di relazione e riflessione su ciò che avviene dentro e fuori di noi. La sua attività artistica intende costruire un ponte per andare oltre la superficie e ridare dignità e importanza al sentire l’altro, per comprendere il mondo in cui viviamo.
BIO: Chiara Ventura (Verona, 1997) analizza il corpo, le sue relazioni e reazioni con psiche, emotività e l’Altro, attraverso una pratica prevalentemente performativa. Nell’indagare e denunciare gli aspetti più subdoli delle forme di violenza presenti nella contemporaneità, dirige l’attenzione sugli aspetti politici del comportamento umano. Nel 2020 ha co-fondato plurale, un concetto che trova forma nel fare arte collettivo.
