ALESSANDRA CALò
/e·vo·cà·re/
ALESSANDRA CALÒ
A cura di Giorgia Padovani
22 marzo | 20 aprile 2025
/e·vo·cà·re/ è un invito a lasciarsi trasportare dalle immagini create da Alessandra Calò per conoscere le protagoniste di queste opere attraverso l’eco creato dall’interazione dei diversi elementi della composizione. È un invito a lasciare da parte la razionalità, dando spazio all’immaginazione, ai ricordi e a alla casualità delle associazioni, per creare racconti di infiniti passati possibili.
La selezione di opere in mostra presso la galleria Gate 26A di Modena fa parte del progetto Les Inconnues, una riflessione sulle storie dimenticate, sulle identità invisibili e sul mistero che avvolge il passato. Il titolo del progetto rimanda alla figura dell’Inconnue de la Seine, la donna sconosciuta ritrovata nella Senna nel 1878, il cui volto ha suscitato un’infinita curiosità per la sua identità mai rivelata. La figura di questa donna senza nome diventa il simbolo di tutte le vite che, pur avendo avuto una loro storia, sono state cancellate dalla narrazione ufficiale. Con questo progetto, l’artista ci offre la possibilità di ricostruire e riattivare, attraverso l’immaginazione, la memoria e le identità di donne sconosciute.
Il valore aggiunto di queste opere risiede nel complesso e articolato processo creativo, un vero e proprio viaggio fisico e mentale alla ricerca del significato dell’immagine: ogni opera è il risultato di un procedimento che unisce tecnica e intuizione, con un’attenzione minuziosa all’armonia che questo unicum vibrante produce negli occhi di chi guarda. Affascinante è la gestione delle imperfezioni nel processo di stampa: lievi difetti o irregolarità sulla superficie sono volutamente conservati per raggiungere la resa estetica desiderata. Allo stesso modo, il “rumore” visivo intenzionalmente mantenuto delle immagini originali contribuisce all’atmosfera evocativa. Ad esso, si aggiungono elementi immaginifici provenienti da materiali d’archivio: fundus oculi, radiografie intestinali, visioni vegetali microscopiche, scansioni botaniche sono solo alcuni degli elementi, apparentemente discordanti, che Calò utilizza per amplificare il potere evocativo dei volti delle sconosciute, secondo la filosofia per cui «anche cose spaventose, se decontestualizzate, possono produrre bellezza». Questa riflessione permette di trasformare l’elemento inquietante in una componente estetica, che conferisce al lavoro una profondità simbolica. Tutti questi dettagli insieme creano un’aura che si integra perfettamente con il concetto di memoria fragile e sfuggente che il progetto vuole esplorare: ogni immagine si carica così di una propria identità nonostante l’apparente anonimato.
La composizione dell’opera è un percorso iterativo che fonde materiali fisici e manipolazione digitale. In un primo momento, l’artista seleziona gli elementi, creando abbinamenti che rispondono a un impulso emotivo e concettuale: questa fase di creazione e studio digitale è necessaria per ottenere quell’elemento di rottura (il negativo) che segna il passaggio alla fase analogica. Emulsionare, impressionare, fissare le lastre diventano il processo e la pratica (il cosa e il come) nel quale accettazione e compromesso arricchiscono emotivamente l’opera, passaggio dopo passaggio, di una sua innegabile organicità e autenticità.
Questa serie, realizzata a mano da Caló, risulta un universo visivo di immagini femminili eteree e oniriche, animate dalla sua caratteristica tecnica di sovrapposizione. Elementi eterogenei, tra loro estranei, formano un corpo unico con le protagoniste, aumentandone esponenzialmente il potere comunicativo. Il soffio vitale è dato dalla luce e dallo spessore delle lastre in cristallo, che intensificano la composizione valorizzando e amalgamando memorie e visioni che ciascuna parte porta con sé. Le imperfezioni diventano tracce di una pratica che non ha paura di spingersi nei territori dell’impermanenza, della transitorietà e dell’ignoto, in una costante ricerca di bellezza anche nei luoghi più inaspettati.
BIO
Alessandra Calò: Artista e fotografa che utilizza un linguaggio fotografico sperimentale per approfondire temi legati alla memoria, all’identità e al rapporto tra uomo e natura.
Pratica dominante nel suo lavoro è il recupero e la reinterpretazione di materiali d’archivio attraverso i quali
non intende attuare una rievocazione nostalgica del passato ma proporre una nuova visione della realtà.
Nel corso degli anni si è appassionata ad antiche tecniche di stampa fotografica con le quali realizza vere e proprie installazioni e libri d’artista, esposti in festival e fiere di settore ed entrate a far parte di importanti collezioni. Ha collaborato con gli Istituti Italiani di Cultura, partecipato a mostre e festival internazionali, tra cui: Circulation(s) Festival de la Jeune Photographie Européenne, Photo d’Aix, Photaumnales (Francia); Les Rencontres de la photo en Gaspésie (Canada); Ras Al Khaimah Fine Art Festival (Emirati Arabi), Festival Filosofia, Fotografia Europea (Italia), ArtStays (Slovenia).


